martedì 4 giugno 2013

CORSI E RICORSI STORICI - La fuga delle Aziende Italiane verso altri lidi continua


Ho appena finito di leggere dell’ennesimo riassetto (fuga) aziendale di una grande realtà che produce(va) in Italia. A dire il vero la cosa non mi ha affatto stupito. Anzi, è oramai diventata la norma e nemmeno mi ha colpito il fare quasi giustificatorio dell'articolista.

A questo punto volendo fare un breve sunto, evitando di commentare e prendere in considerazione le inutili chiacchiere della Fiom, che da un lato fa finta di andare contro i "padroni" dall'altro prontamente firma accordi con gli stessi, il discorso dei general Manager di Indesit ed il senso di tutto l'articolo è questo:

«L’Italia è nel nostro "cuore" (ovviamente finchè arrivano i finanziamenti pubblici). Come lo sono i 1400 lavoratori da licenziare, mettere in cassa integrazione o in mobilità, ma, i “sentimenti” non riempiono le tasche e non fanno guadagnare. Come del resto, non sono eterne la cassa integrazione normale ed in deroga.
Perciò prendiamo l'opportunità, cogliamo l'occasione al volo e ce ne andiamo. O per meglio dire dislochiamo.

Anche perché, Qui non compra più nessuno. Non avete più una lira!

Inoltre, il costo del lavoro e delle tasse è (secondo noi) troppo alto. Poi e sempre in base al nostro parere, nonostante il trattato firmato dai Sindacati venduti che puntualmente foraggiamo, ci sono ancora troppi diritti detenuti dai lavoratori e noi vogliamo solo schiavi.
Anche Squinzi oggi ha nuovamente innalzato il suo grido di dolore nei confronti dell'immobilità del Governo su questo ed altri punti. (Togliere i diritti ai lavoratori in primis)

Per contro i Paesi dell'Est Europa, fuori area Euro, dove abbiamo intenzione di spostarci, sono meno costosi e la gente comincia a comprare.

Visto che le loro economie sono in crescita ed i loro Governi stanno puntualmente e prontamente rifiutando, nonostante le pressioni, di aderire alla moneta morta.

Quindi, noi general manager, cogliamo al volo la scusa delle ristrutturazioni aziendali, utilizzando anche fondi pubblici e prendiamo la strada tracciata da Marchionne e da altri prima di lui.

Inizialmente parliamo di ristrutturazione, dislocazione ed iniziali esuberi, per arrivare poi a traslocare definitivamente fabbriche e produzione in un secondo tempo.

Il tutto, ovviamente, con il Placet delle Istituzioni e del Governo. Senza dimenticarci dei Sindacati che non faranno nulla se non inviare inutili letterine o chiacchiere dai palchi.

Naturalmente non abbiate a temere, oggi sono "solo" 1400 gli esuberi, domani saranno tutti gli altri.»

In chiusura del breve sunto, si può decisamente e drammaticamente affermare che si sono invertite le parti:

«Quando c'era il muro (il blocco sovietico) i poveri senza diritti da compiangere e (quasi) da guardare con la puzza sotto al naso erano loro.

Oggi, per la tragica legge del contrappasso ed a causa dell’altro muro finanziario (l’Euro) lo siamo Noi.»

Che altro dire? Ce lo chiede l’Europa, alla fin fine…

Simone

Link:

Indesit, il piano di riassetto in Italia coinvolge 1.400 lavoratori

Squinzi al governo: si perde tempo in inutili polemiche